Luminosità
La luminosità è la quantità di radiazione elettromagnetica che un corpo emette per unità di tempo.
In questa quantità sono incluse tutte le frequenze dello spettro elettromagnetico, il che significa che dobbiamo prendere in considerazione altre regioni oltre allo spettro visibile. In ambito astronomico, la luminosità è una grandezza difficile da misurare a causa di diversi fattori, tra cui:
Diffusione della luminosità: la radiazione elettromagnetica si propaga in modo sferico e si diffonde sulle superfici. La radiazione che riceviamo in un punto specifico è solo una piccola parte del totale emesso, quindi dobbiamo conoscere la distanza dal corpo emittente per estrapolare quanta radiazione è stata effettivamente emessa. La figura 1 presenta una spiegazione intuitiva di questo fenomeno.
Estinzione: lo spazio non è vuoto. Su grandi distanze, come quelle tra pianeti, stelle, galassie, ecc. la radiazione può andare persa a causa dell'assorbimento da parte di polvere interstellare e nubi di gas che ci separano dall'oggetto osservato. Questa perdita di intensità della radiazione elettromagnetica è nota come estinzione e colpisce le frequenze più alte in modo più evidente rispetto a quelle più basse.
Fig. 1 - La radiazione emessa dalla sorgente \(S\) si diffonde su superfici sferiche. I quandrati rappresentano le zone di osservazione.
La luminosità si misura in watt (W) e, assumendo che le stelle emettano come un corpo nero, dipende dalla superficie del corpo e dalla sua temperatura. Assumere che le stelle emettano come corpi neri significa considerare che le proprietà di emissione e assorbimento sono perfette, senza alcuna perdita di radiazione. Questa ipotesi è in realtà molto accurata per le stelle.
Magnitudine apparente
Già nel I secolo a.C. Ipparco classificò le stelle in base alla loro luminosità nel cielo. Lo fece secondo una scala che andava da 1 per le stelle più luminose a 6 per quelle più fioche.
Nel 1865 fu stabilito che le stelle di magnitudine 1 sono 100 volte più luminose di quelle di magnitudine 6, il che significa che una magnitudine equivale a un fattore 2,512 in termini di luminosità. Ciò ha suggerito l'uso di una scala logaritmica per calcolare la luminosità apparente che misuriamo sulla Terra, cosa che può essere fatta poiché si tratta solo di una scala arbitraria.
Un altro vantaggio delle scale è che, una volta determinato un punto fisso (una stella in questo caso), possiamo definire gli altri oggetti in base a quel riferimento. Di solito, alla stella Vega viene assegnata una magnitudine assoluta di 0 (2,512 più luminosa di una stella di magnitudine 1) ed è usata come base per la scala delle magnitudini.
L'importanza del termine "apparente" sta nel fatto che misuriamo la luminosità dalla Terra, senza preoccuparci della distanza. Si può quindi prendere come misura il flusso della radiazione e confrontare i risultati delle diverse stelle con una scala logaritmica.
Il flusso di un oggetto astronomico è la quantità di energia che emette per unità di tempo e superficie. Nel sistema SI si misura in \(W/m^2\), mentre nel sistema cgs, più in uso nell'astronomia, si misura in \(erg/s/cm^2\).
La formula standard per la magnitudine apparente, con Vega assegnata al valore 0, è:
\[m = -2.5 log_{10} \left( \frac{F}{F_{Vega}} \right)\]
dove il logaritmo è preso in base 10, \(m\) è la magnitudine apparente, \(F\) è il flusso della radiazione del corpo celeste di cui vogliamo conoscere la magnitudine e \(F_{Vega}\) è il flusso di Vega.
L'uso di una scala logaritmica include la possibilità di avere magnitudini negative. Per esempio, Sirio, la stella più luminosa del nostro cielo, ha una magnitudine apparente di \(-1,33\), il che significa che è più di \(2,5\) volte più luminosa di Vega.
Scala logaritmica delle magnitudini
Come abbiamo visto, ci sono ragioni storiche per l'utilizzo di una scala logaritmica quando si considerano le magnitudini: una grandezza lineare (la magnitudine) era legata a una scala moltiplicativa (la luminosità). Si è scoperto che quando si considerano fenomeni di questo tipo (in cui gli effetti moltiplicativi generano grandi numeri), l'uso di una scala logaritmica aiuta a ricreare un comportamento lineare. Inoltre, ci permette di lavorare con numeri relativamente piccoli, che semplifica i conti ed è più ordinato.
Fig. 2 - Confronto tra una grandezza esponenziale e la stessa quantità di cui viene preso il logaritmo. Come si può vedere, la grandezza logaritmica, prima ancora di raggiungere la seconda tacca dell'asse delle ascisse è talmente grande da non poter venir rappresentata, mentre l'equivalente logaritmico rimane sempre compreso all'interno della scala delle ordinate.
Esiste un'utile misura dell'intensità di una stella che non dipende dalla posizione della Terra nello spazio e cerca di affrontare il problema dell'estinzione. Questo concetto prevede l'uso delle distanze dagli oggetti in studio e porta alla comparsa di grandi numeri, che vengono nuovamente contenuti attraverso l'uso di una scala logaritmica.
Magnitudine assoluta
La magnitudine apparente ha un valore limitato a causa della soggettività ad essa associata. Corrisponde a grandezze misurate da diversi osservatori che possono essere a distanze diverse, perciò offre informazioni limitate sulle proprietà effettive di queste sorgenti. Questa limitazione porta alla definizione di magnitudine assoluta.
La magnitudine assoluta è la magnitudine apparente di un oggetto osservato da una distanza di \(10\: parsec\).
1 parsec (\(pc\)) equivale a \(3,09 \cdot 10^{16} m\), più di 200.000 volte la distanza tra il Sole e la Terra. Questa misura è definita come la distanza a cui un osservatore vedremme il semiasse maggiore terrestre sotto un angolo di un secondo d'arco.
Fig. 3 - Schema della definizione di parsec
Questa definizione ha il vantaggio di essere strettamente correlata alla luminosità delle stelle. Tuttavia, la definizione ampiamente utilizzata non include informazioni sui fattori di estinzione, ma tiene conto solo della distanza dell'oggetto. Pertanto, non è una misura completamente accurata della luminosità.
La formula della magnitudine assoluta è:
\[M = m - 5 log_{10}(d) + 5\]
dove \(M\) è la magnitudine assoluta, \(m\) la magnitudine apparente e \(d\) la distanza tra l'oggetto è l'osservatore in parsec.
Magnitudine
Le differenze principali tra questi tipi di magnitudine si colgono nei loro significati. La magnitudine apparente si riferisce al modo in cui vediamo gli oggetti astronomici e, in particolare, le stelle dalla Terra. La magnitudine assoluta si riferisce a una misura effettiva, a-dimensionale, della luminosità delle stelle e degli oggetti astronomici ma, a meno che non venga corretta, non tiene conto dei fattori di estinzione.
Consideriamo gli esempi di Sirio e Antares. Sirio, la stella più luminosa del nostro cielo, ha una magnitudine apparente più alta (quindi ci appare più luminosa alla vista) di Antares, una stella gigante intermedia con una luminosità enorme e molto lontana dalla Terra. Le loro magnitudini apparenti sono rispettivamente \(-1,46\) e \(1,09\).
Tuttavia, le loro magnitudini assolute sono \(1,42\) e \(-5,28\), il che corrisponde al fatto che Antares ha una luminosità effettiva molto più elevata.
Fig. 4 - Illustrazione della differenza tra magnitudine apparente e assoluta.
Magnitudine apparente e assoluta - Punti chiave
- La luminosità è la quantità di radiazione elettromagnetica che un corpo emette per unità di tempo.
- Poiché nello spazio la luminosità è difficile da misurare, dobbiamo considerare altre quantità, note come magnitudini.
- La magnitudine apparente è una misura logaritmica del rapporto tra il flusso di un oggetto osservato dalla Terra e una stella di riferimento.
- La magnitudine assoluta mira a eliminare la dipendenza della magnitudine apparente dalla distanza dalla Terra ed è definita come la magnitudine apparente di un oggetto misurata a 10 parsec di distanza.
References
- Fig. 1 - Inverse square law.svg (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Inverse_square_law.svg) by Borb (https://commons.wikimedia.org/wiki/User:Borb) is licensed by CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en)
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Gabriel Freitas is an AI Engineer with a solid experience in software development, machine learning algorithms, and generative AI, including large language models’ (LLMs) applications. Graduated in Electrical Engineering at the University of São Paulo, he is currently pursuing an MSc in Computer Engineering at the University of Campinas, specializing in machine learning topics. Gabriel has a strong background in software engineering and has worked on projects involving computer vision, embedded AI, and LLM applications.
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